Le tecniche di stretching
di Maurizio Mancini
1 - LE TECNICHE STATICHE
Principi generali
Si è portati a pensare, ad una prima analisi, che le metodiche di stretching
statico intervengano solamente sul sistema muscolo-tendineo; in realtà si parla
di stretching fasciale o connettivale perché queste strutture vengono
modificate dall'allungamento. Ricordiamo che il sistema fasciale comprende le
aponeurosi, i legamenti e il tessuto connettivo presente all'interno del muscolo
come fibra collagene e all'esterno come tessuto fasciale di contenimento.
L'allungamento muscolare è influenzato da due principali fattori di esecuzione:
l'intensità e il volume o durata. Le deformazioni plastiche del tessuto
fasciale si ottengono con una bassa intensità di esecuzione (sotto la soglia
del dolore) e un mantenimento abbastanza lungo della posizione (alta durata di
esecuzione). Inoltre anche la velocità di esecuzione è importante; infatti un
movimento brusco provoca l'attivazione del riflesso miotatico. Questo determina
come azione di difesa una contrazione del muscolo e quindi un accorciamento
dello stesso.
La tecnica di Anderson
La tecnica di allungamento di Anderson è la più largamente diffusa, vista la
sua relativa facilità di esecuzione. Il segmento corporeo da allungare viene
portato lentamente al limite del suo range di movimento, dove si accentua la
sensazione di tensione di allungamento; quest'ultima comunque non
deve essere mai dolorosa.
Questa posizione deve essere mantenuta dai 15 ai 30 secondi e anche di più se
le articolazioni interessate sono quelle degli arti inferiori o della colonna
vertebrale.
Si tratta di una tensione di allungamento detta anche passiva, in quanto la
posizione e la tensione si raggiungono grazie alla forza di gravità o all'aiuto
di un compagno o semplicemente con l'aiuto di altri gruppi muscolari.
I miglioramenti con questa tecnica si ottengono perché le strutture muscolari
fasciali (connettivali) sono capaci, data la loro plasticità, di adeguarsi alle
maggiori richieste di tensionamento. Se questo aumenta con la pratica degli
esercizi di stretching esse si adegueranno allungandosi, se invece diminuirà
con l'inattività tenderanno ad accorciarsi.
La tecnica PNF
Un'altra tecnica di allungamento che appartiene allo stretching statico o
connettivale è quella PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation)
messa a punto da Kabat. Essa viene eseguita una contrazione isometrica
submassimale di 6 o 10 secondi, un rilassamento di 2 o 4 secondi ed infine un
allungamento simile alla tensione di sviluppo di Anderson sul muscolo da
esercitare. Ogni sequenza di contrazioni, rilassamento e allungamento viene
ripetuta 3 o 4 volte.
Questo metodo si basa sul riflesso miotatico inverso di Sherrington, secondo il
quale gli organi muscolo-tendinei del Golgi, siti all'interno dei tendini, sono
sensibili allo stiramento prodotto da una forte contrazione muscolare come
quella isometrica. Questi organi inviano al sistema nervoso centrale
informazioni riguardanti la forza di contrazione muscolare attraverso il Nervo
sensorio. Se questa contrazione è tanto forte da potere arrecare un danno, il
sistema nervoso centrale rinvia una informazione attraverso il Nervo motorio,
che provoca un rilassamento del muscolo interessato. Pertanto si parla di riflesso
nervoso inibitore (o di inibizione autogena), che faciliterebbe il
successivo allungamento muscolare.
Questa tecnica di allungamento muscolare necessita tuttavia di una fase
preliminare di apprendimento adeguato, prima di poterne ricavarne i massimi
benefici; può essere consigliabile l'assistenza di un fisioterapista.
La tecnica CRAC
Un'altra tecnica di stretching statico è quella definita CRAC (Contract
Relax Agonist Contract). In questo caso viene eseguito uno stiramento
muscolare con contemporanea contrazione isometrica del muscolo antagonista.
Occorre ricordare che si parla di muscolo antagonista quando ci si riferisce al
muscolo che permette un'azione contraria a quella svolta dal muscolo interessato
(agonista). Ad esempio, il quadricipite femorale che estende la gamba è
antagonista del bicipite femorale che la flette.
La modalità di esecuzione consiste nel contrarre isometricamente l'agonista,
con l'eventuale l'aiuto di un fisioterapista, per 6 o 10 secondi, rilassarlo per
2 o 4 secondi e infine allungarlo contraendo contemporaneamente l'antagonista
per 15 o 30 secondi.
Anche in questo caso ogni sequenza di contrazioni, rilassamento e allungamento
con contrazione dell'antagonista viene ripetuta 3 o 4 volte. Si tratta quindi di
un allungamento attivo che si basa su un altro riflesso studiato da Sherrington,
definito come riflesso di innervazione reciproco. Esso si basa
sull'inibizione e rilassamento dell'agonista quando viene contratto
submassimalmente l'antagonista.
2 - LE TECNICHE DINAMICHE
Il metodo dinamico
Le tecniche di allungamento dinamico utilizzano quasi esclusivamente movimenti a
rimbalzo, che troppo spesso risultano incontrollati e rapidi, tali da produrre
più danni che benefici effettivi.
Questo metodo viene consigliato esclusivamente ad atleti in programmi di
preparazione specifica, per attività sportive che prevedono movimenti di
elevata velocità, come ad esempio i giavellottisti. Diventano pericolosi se
effettuati indiscriminatamente da principianti e senza l'assistenza di un
preparatore specializzato.